L'Europa dopo le elezioni
Speciale UE | Il nuovo "mantra” della sicurezza economica: come affrontare e finanziare le grandi transizioni?
Newsletter Speciale, puntata n.3 - La sicurezza economica è al centro delle preoccupazioni dell'UE, soprattutto in vista delle grandi transizioni energetiche e digitali. Questa puntata approfondisce le strategie per affrontare le sfide economiche del futuro.
Il concetto di “sicurezza economica” ha cominciato a diffondersi nel discorso pubblico europeo principalmente a seguito della pandemia e della guerra in Ucraina, crisi che hanno generato instabilità e messo in luce alcune debolezze del sistema mondiale dei rapporti economici. Questi eventi imprevisti si inseriscono in un contesto globale attraversato da tensioni geopolitiche crescenti e incamminato verso profondi cambiamenti tecnologici, dalla transizione verde agli sviluppi dell’intelligenza artificiale, che aumentano la necessità di strategie di messa in sicurezza dell’economia europea.
Il concetto di “sicurezza economica” ha cominciato a diffondersi nel discorso pubblico europeo principalmente a seguito della pandemia e della guerra in Ucraina, crisi che hanno generato instabilità e messo in luce alcune debolezze del sistema mondiale dei rapporti economici. Questi eventi imprevisti si inseriscono in un contesto globale attraversato da tensioni geopolitiche crescenti e incamminato verso profondi cambiamenti tecnologici, dalla transizione verde agli sviluppi dell’intelligenza artificiale, che aumentano la necessità di strategie di messa in sicurezza dell’economia europea.
Per l’UE, nata e cresciuta sulla base dei legami economici interni e con il resto del mondo, legami dai quali deriva il proprio benessere, l’esigenza di sicurezza si articola su due livelli: innanzitutto come sicurezza di approvvigionamento di beni e materie prime dai mercati internazionali, quindi come sicurezza (nel senso di affidabilità) dei Paesi terzi con cui esistono relazioni commerciali. I due aspetti sono indubbiamente legati, in quanto il funzionamento delle catene mondiali di approvvigionamento è spesso legato all’affidabilità non solo finanziaria e tecnologica, ma anche politica e strategica, dei Paesi coinvolti.
Già lo scorso gennaio la Commissione europea uscente ha presentato un pacchetto di iniziative (Economic Security Package) teso a rinforzare la sicurezza economica dell’UE. Si propone un rafforzamento delle regole comuni sullo screening degli investimenti esteri (per scongiurare il pericolo di controllo di asset strategici da parte di forze esterne potenzialmente ostili), un Libro bianco sugli investimenti in uscita (per limitare i rischi di esportazione di tecnologie a duplice uso, civile e militare, e di know-how tecnologico), un Libro bianco sul controllo delle esportazioni (per verificare l’adeguatezza delle misure di valutazione dei rischi, soprattutto circa l’uso da parte di Stati terzi di tecnologie avanzate esportate dall’UE), uno su ricerca e innovazione (con il fine di definire le migliori modalità di supporto e finanziamento nel campo dello sviluppo delle tecnologie sensibili, soprattutto dual-use civile e militare ma non solo) e una proposta per una raccomandazione del Consiglio in materia di sicurezza della ricerca (per spingere gli Stati membri alla creazione di un quadro uniforme che coniughi libertà di ricerca e sicurezza nelle applicazioni pratiche della tecnologia).
Anche le linee guida proposte da Ursula von der Leyen per il nuovo quinquennio della Commissione Europea dedicano ampio spazio al rapporto tra economia e sicurezza, spingendosi a parlare, a proposito dell’incerto contesto geopolitico attuale, di militarizzazione delle dipendenze economiche (weaponisation of economic dependencies). Il duplice obiettivo dell’UE, da questo punto di vista, dovrebbe consistere nel rilancio della competitività interna e nell’investimento nella ricerca legata alle tecnologie strategiche e dual-use, essenziali per l’economia e la sicurezza. A questi obiettivi generali si aggiungono quelli strumentali della riforma e potenziamento della World Trade Organisation, essenziale perché gli attori internazionali “giochino” tutti a parità di condizioni (level playing field), e il rafforzamento della strategia del Global Gateway, che prevede investimenti in progetti infrastrutturali (porti, impianti di generazione energetica e di produzione di idrogeno, catene di approvvigionamento di materie prime, corridoi di trasporto, ecc.) che accrescano la connettività mondiale, nel rispetto dei migliori standard sociali e ambientali
Come si vede, l’espressione della sicurezza economica può comprendere molte cose, ma fondamentalmente riguarda la capacità di crescita nel contesto delle grandi trasformazioni in corso e la protezione dai pericoli derivanti dall’instabilità internazionale. È in questo ambito che si inseriscono concetti spesso menzionati nei documenti ufficiali UE, come “autonomia strategica aperta” o “de-risking”. Entrambi emblematici delle contraddizioni tra le quali l’Europa deve districarsi. Da un lato il mondo interconnesso che rende ormai impossibile una reale autonomia (ammesso che lo sia mai stata), tanto politica quanto economica, da cui il sotterfugio semantico dell’autonomia “aperta”, che si traduce nel mettere in atto tutti i possibili mezzi che possano contrastare e limitare al massimo le interferenze esterne non volute o non previste. Dall’altro, la consapevolezza, con particolare riferimento ai legami commerciali con la Cina ma potenzialmente anche con altri Paesi, dell’impossibilità di un disaccoppiamento (decoupling) dalle altre realtà economiche da cui dipendiamo e quindi l’obiettivo di riduzione del rischio (de-risking) nei rapporti reciproci.
La sfida di fondo è riuscire a rilanciare la competitività dell’economia dei Paesi UE, senza perdere l’occasione storica delle transizioni in corso (verde e digitale) e limitando i rischi di interferenze esterne. Per raggiungere questi obiettivi l’Unione Europea del 2024-2029 deve necessariamente dotarsi di almeno due capacità. In primo luogo la consapevolezza che è necessario superare l’attitudine regolamentare che storicamente caratterizza l’UE, pure fondamentale, per puntare anche su pianificazione strategica e politiche industriali coordinate. In secondo luogo riuscire a sostenere politiche e strategie con investimenti pubblici massicci, da affiancare a quelli privati. Un nuovo interventismo pubblico, insomma. È da vedere se le nuove Istituzioni riusciranno a trovare un punto di caduta che garantisca una governance adeguata di questo percorso. In particolare se il Consiglio seguirà l’approccio delineato con una certa coerenza dalla Commissione e se il Parlamento sarà in grado di sostenerlo.
Se da un punto di vista ideologico è facile prevedere molte resistenze, il fatto che l’economia sia anche un possibile teatro di guerra nello scenario contemporaneo di ridefinizione dei rapporti di forza internazionali con modalità di lotta ibride, potrebbe portare alla prevalenza di un approccio pragmatico e quindi anche delle esigenze rappresentate dalla sicurezza economica.
Se da un punto di vista ideologico è facile prevedere molte resistenze, il fatto che l’economia sia anche un possibile teatro di guerra nello scenario contemporaneo di ridefinizione dei rapporti di forza internazionali con modalità di lotta ibride, potrebbe portare alla prevalenza di un approccio pragmatico e quindi anche delle esigenze rappresentate dalla sicurezza economica.
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Indice e puntate precedenti:
- Il nuovo panorama politico | di Giorgio Fioravanti - Venerdì 6 settembre
- Il contesto economico | di Davide Tentori - Venerdì 13 settembre
- Sicurezza economica e grandi transizioni | di Paolo Pellegrini - Venerdì 20 settembre
- Il futuro della politica commerciale | di Filomena Ratto - Venerdì 27 settembre
- Sicurezza e Difesa | di Lorenzo Nannetti - Venerdì 4 ottobre
- Ritorno al futuro: quali prospettive? | di Davide Tentori - Venerdì 11 ottobre